L’installazione di un lavandino sul balcone. Le questioni attinenti l’alterazione del decoro ed altri profili problematici

Può accadere per una serie di motivi, uno tra tanti, ad esempio, una maggiore comodità nel disbrigo delle faccende domestiche, che un condomino decida d’installare un lavandino sul balcone di pertinenza della propria unità immobiliare.

Quali sono le norme che il comproprietario deve rispettare per evitare l’insorgenza di contestazioni da parte dei suoi vicini e/o dell’amministratore?

Una, sostanzialmente, la questione da cui può discendere l’illiceità dell’opera: l’esecuzione di opere che rechino pregiudizio alle parti comuni dello stabile.

La norma di riferimento è l’art. 1122 c.c., rubricato per l’appunto “ Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune”, che recita:

Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio ”.

Il pregiudizio di cui si parla è riferibile tanto alla stabilità quanto all’estetica.

Che la norma si riferisca anche al decoro architettonico ce lo dice la stessa giurisprudenza. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, “ non v'e dubbio che il concetto di danno, cui la norma fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato. Decoro da correlarsi non soltanto all'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata armonia, ma anche all' aspetto di singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili per sé di considerazione autonoma (v. Cass. 24.3. 2004, n. 5899) ”. (Cass. 19 gennaio 2005, n. 1076).

In sostanza nell’apposizione del lavandino il condomino dovrà fare in modo che lo stesso non rechi pregiudizio all’estetica dell’edificio. Tenendo presente che tale pregiudizio da cui scaturisce l’alterazione deve sostanziarsi in “ un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere ” (così Cass. 25 gennaio 2010 n. 1286) non potrà parlarsi di pregiudizio al decoro dello stabile in tutti quei casi in cui all’installazione del lavabo non segua il summenzionato svilimento del valore dell’edificio.

Per fare un esempio: un lavandino installato in un balcone in muratura molto alto che quindi lo rende invisibile dalla pubblica via, pur alterando il decoro della facciata (s’inserisce un elemento nuovo) non reca alcun pregiudizio, anzi, in un certo qual modo potrebbe aumentare non solo la fruibilità complessiva dell’unità immobiliare ma anche il suo valore economico.

Quanto al danno materiale è chiaro il rischio che un lavandino sia fonte di pericolo per la sicurezza dell’edificio è molto basso. Se, tuttavia, tra le pareti interne e quelle esterne (la facciata per intendersi) è posta un’intercapedine bisognerà fare in modo che l’installazione delle tubazioni sia fatta senza che la stessa possa recare pregiudizio alla funzione svolta da quella parte comune.



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L'amministratore
Geom. Salvatore Costa


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