Rumori e sanzioni penali, dalla Cassazione l’ennesima conferma: la valutazione dell’intollerabilità non deve per essere per forza agganciata a parametri obiettivi.

I rumori, di qualunque genere essi siano, si sa, danno fastidio.

Sebbene la questione potrebbe essere risolta anche semplicemente in termini civilistici, il nostro legislatore ha previsto un livello di tutela ulteriore.

In tal senso il codice penale contiene una specifica ipotesi di reato. Recita l’art. 659 c.p. rubricato, per l’appunto, “ Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone“:

Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire seicentomila.

Si applica l’ammenda da lire duecentomila a un milione a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità
”.

L’esempio classico è quello della persona che ascolta la radio ad alto volume o suona continuamente e senza la benché minima accortezza uno strumento musicale.

Per la configurazione del reato non è sufficiente che l’attività sia rumorosa ma è altresì necessario che la stessa rechi disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone.

Tale disturbo, tuttavia, non deve essere effettivo bastando che la condotta sia potenzialmente lesiva. In tal senso il Tribunale di Bari, facendo propri i principi espressi dalla Corte di Cassazione ha specificato che “ non e’ necessario che siano state tutte disturbate in concreto (le persone n.d.A.), atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, non assumendo rilievo assorbente le lamentele di una o più persone (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3678 del 01/12/2005-31/01/2006, Giusti).

Trattasi, invero, di reato di pericolo presunto; ai fini della sua configurazione, pertanto, non e’ necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone, ma e’ sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone
”. (Trib. Bari 24 settembre 2007)

Tralasciando le considerazioni sull’effettiva utilità di un simile reato (punire una persona perché la sua condotta potrebbe essere pericolosa, costituzionalmente, è quanto meno dubbio visto che l’utilizzo della sanzione penale dovrebbe essere fondato su una effettiva lesione di un bene e/o interesse giuridicamente tutelato) vale la pena comprendere quando possa dirsi consumato il reato previsto dall’art. 659 c.p.

In sostanza quindi dobbiamo dare risposta alla domanda: quando i rumori e gli schiamazzi devono essere considerati penalmente sanzionabili? Esiste un parametro obiettivo di riferimento?

La risposta ci giunge da una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione. Nel caso di specie ad essere sottoposti al vaglio del giudice penale erano i rumori provenienti da un bar (più nello specifico la musica ascoltata ad alto volume e gli schiamazzi provenienti dall’esercizio commerciale).

Secondo la Corte regolatrice “ il riferimento imposto dall'art. 659 c.p., comma 1, non è già al superamento di un limite di legge, ma a criteri di normale sensibilità e tollerabilità, in un determinato contesto socio-ambientale” (Cass. 9 giugno 2010 n. 24503). Nel caso di specie, dunque, chiosano i giudici di piazza Cavour, “non aveva quindi rilevanza specifica, ai fini di una corretta decisione, conoscere con precisione quanti decibel i rumori raggiungessero ” (Cass. 9 giugno 2010 n. 24503).

La discrezionalità del giudice nella valutazione del comportamento penalmente rilevante appare, dunque, ampia.

Una decisione che, se ancora ve ne fosse bisogno, dovrebbe porre all’attenzione del legislatore con maggiore urgenza il problema dell’espunzione dall’ordinamento giuridico di un simile reato che, è bene ricordarlo, non tutela le persone per i danni subiti ma sanziona i comportamenti per i danni che potrebbero ipoteticamente causare. A parere di chi scrive per questo genere di illeciti riportare la questione esclusivamente nell’ambito civilistico sarebbe auspicabile.



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